Il volume fornisce l’edizione degli statuti della fraglia (= corporazione) dei notai di Padova degli anni 1419-1420. Tali statuti sono contenuti in un manoscritto conservato presso la Biblioteca Civica di Padova. Si tratta di un codice molto noto e anche molto bello perché è elegantemente ornato; la sua decorazione è attribuita al Maestro di Roncaiette.
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Molto noti sono anche i suoi autori testuali e materiali: rispettivamente Sicco Polenton, notaio, cancelliere del comune di Padova e noto letterato umanista che rivestì un ruolo di rilievo in vari ambiti della vita cittadina, e che fu anche redattore, insieme ad altri, degli statuti cittadini voluti dal governo di nuovo impianto della Serenissima (il cosiddetto Codice veneto o riformato), e Giacomo da Padova, frate minore del convento del Santo. Oggetto del libro è la seconda compilazione statutaria della corporazione, risalendo la prima all’incirca all’ultimo ventennio del Duecento. Essa rispecchia la nuova condizione sociale del collegio notarile padovano sotto il nuovo governo imposto da Venezia, dopo la conquista di Padova e la sua sottomissione alla Serenissima del 22 novembre 1405. Essa, infatti, nasce quasi in concomitanza con l’opera di riforma degli statuti municipali voluta dal ceto dirigente cittadino e concessa e controllata dal nuovo dominio veneziano. Gli statuti rappresentano una fonte importante perché, insieme ad altre fonti concorrenti (matricole e riformanze in primo luogo), consentono di far emergere dalle nebbie dell’oblio tanto le figure dei componenti delle corporazioni, che la struttura, l’organizzazione, i compiti e le prerogative di queste e la fitta trama di rapporti che tali corporazioni intrattengono nel tessuto delle locali istituzioni civili ed ecclesiastiche. I notai, a Padova come altrove, godevano di una grande fortuna economica, sociale e politica. La loro corporazione conobbe il massimo splendore ed acquisì una notevole rilevanza politica e sociale tra tardo Duecento e Trecento ossia nel secondo periodo comunale, quando assunse la guida politica del comune ‘popolare’, e poi durante la signoria carrarese fino alla seconda metà del 14. secolo, ma nel corso degli ultimi decenni del secolo la corporazione cominciò a perdere potere e indipendenza a causa principalmente della capacità del governo carrarese di interferire negli affari interni della corporazione. A partire dal 1360 si fa sempre più chiaro che il signore carrarese detiene il diritto di alterare qualsiasi regolamentazione interna. Da questo momento in poi, via via crescendo, e soprattutto nel secolo successivo, il declino dei notai, almeno come corporazione, si fa inesorabile. Lo statuto quattrocentesco della fraglia dei notai è concentrato sulla gerarchia interna della fraglia, sulla rigida definizione dei compiti da svolgere negli uffici amministrativi e giudiziari del comune, sulla ferrea determinazione delle regole e delle procedure, sulle pene previste in caso di inadempienze varie. Ma esso si pone, soprattutto, come il tentativo, da parte della fraglia, di arginare la propria decadenza, di ribadire il proprio status e il proprio prestigio, e di resistere ad una nuova forma di controllo politico,